Rifiuti speciali: uno smaltimento invisibile

Chiudete gli occhi e pensate ai rifiuti. Scommettiamo che avete immaginato i comuni sacchi neri dell'indifferenziata che teniamo in casa, oppure i sacchi biodegradabili per gli scarti di cibo e i rifiuti organici. Sappiate che questo tipo di rifiuti, definiti "domestici", rappresentano solo 20% dei rifiuti italiani. Ma da cosa è composto l'80% rimanente? Si tratta dei cosiddetti rifiuti speciali. Scopriamo insieme di come si tratta e perché il loro smaltimento rappresenta una sfida per il nostro Paese.
I rifiuti invisibili
Con rifiuti speciali definiamo tutti gli scarti delle attività produttive, ovvero dalle industrie, dalle costruzioni, dal commercio, il terziario, la sanità, le bonifiche e la depurazione delle acque di scarto. Si tratta di rifiuti variegati, che includono scarti solidi, calcinacci, fanghi, liquami e molto alto ancora. Per dare un'idea della portata di questo fenomeno, nel 2009 in Emilia Romagna i rifiuti speciali sono stati 12,3 milioni di tonnellate, contro gli "appena" 2,9 milioni dei rifiuti urbani. Ovviamente, trattandosi di un insieme così vario di rifiuti, il loro smaltimento è più complesso rispetto a quello della loro controparte urbana. Ma non è solo questa la differenza principale tra le due categorie.
Il problema della legge
La legge italiana prevede due modalità diverse di smaltimento dei rifiuti urbani e speciali. I primi vanno obbligatoriamente smaltiti a livello provinciale o regionale, previo il pagamento di apposite tariffe predeterminate dalle autorità o tramite le tasse dei cittadini. Per quanto riguarda i rifiuti speciali, invece, la questione è più complicata. Essi, infatti, possono essere smaltiti sul libero mercato: ciò significa che le aziende possono decidere in autonomia a chi rivolgersi, scegliendo tra i vari operatori, privati o non, non sempre con risultati idilliaci.
Pochi impianti, soluzioni alternative
Esistono sul territorio nazionale impianti dedicati esclusivamente al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti speciali. Si tratta per lo più di piattaforme il cui compito non è solamente liberarsi degli scarti, ma anche di trattarli in modo da abbattere eventuali sostanze inquinanti o tossiche e trasformare in energia gli elementi che non possono essere riciclati o smaltiti tramite altri processi chimici e biologici. Il problema, però, riguarda la carenza di tali impianti nel nostro paese. In Italia, infatti, si produce un altissimo volume di rifiuti speciali, tanto che le piattaforme predisposte al loro smaltimento non riescono a gestirne il flusso. La soluzione, dunque, è l'esportazione verso altri paesi, con un enorme spreco di denaro e di possibile reddito, considerata la mancata creazione di posti di lavoro. La malavita organizzata, inoltre, si occupa spesso di smaltimento illegale, offrendo costi sostanzialmente inferiori alle aziende e andando a gravare sul patrimonio artistico e naturale italiano, nonché sulla salute dei cittadini.
Si rende necessario, dunque, un piano a livello nazionale di
potenziamento delle infrastrutture adibite allo smaltimento dei rifiuti
speciali e alla creazione di nuovi impianti, per trasformare un problema in
un'opportunità di crescita economica.







